L’attuale politica sanitaria tende a privilegiare gli aspetti economici attraverso la razionalizzazione della spesa. Gli interventi di razionalizzazione sono rivolti essenzialmente alla riorganizzazione della rete degli Ospedali, la riduzione dei posti letto, la riduzione dei Centri di costo, la centralizzazione delle gare di acquisto etc. Tutti questi interventi non sempre sono guidati da tecnici che fondano le loro decisioni su dai epidemiologici,conoscenza delle innovazioni in campo medico,necessità di reperire le competenze essenziali al buon funzionamento delle strutture e dei Reparti,l’esigenza di integrazione tra Ospedali e tra Ospedali e Territorio per realizzare un Sistema efficiente ed efficace. Spesso in molti interventi non è chiaramente visibile la centralità del paziente ,dei suoi problemi sia medici che sociali ( recupero dell’autosufficienza e della capacità lavorativa ,indipendenza economica ).
Sebbene sia logico definire l’organizzazione ospedaliera per livelli di complessità con Ospedali che hanno reparti di base e Ospedali di II° e III° livello con funzioni complesse ( Cardiochirurgia; Neurochirurgia,Centri trapianto etc ) l’integrazione per Aree territoriali , proprio perché non guidata da criteri oggettivi ricavati da considerazioni prettamente mediche ( ma clientelari ,ovvero di bacino elettorale ), è spesso carente, talvolta assente, e genera disfunzione potenzialmente pericolose.
In fase di pianificazione elementi quali la popolazione residente in un territorio, le vie di comunicazione, il tessuto industriale esistente sono altrettanto importanti e dovrebbero essere inclusi nel disegno della “rete ospedaliera” al fine di garantirne ‘efficienza. Anche le condizioni socio-economiche di una determinata area dovrebbero essere tenute presenti. E’ noto che bassi livelli socioeconomici sono responsabili di cattive condizioni sanitarie all’interno di una popolazione . Qui la necessità di una razionale organizzazione sul territorio diviene ancora più importante al fine di garantire una continuità assistenziale mancando la quale verrebbero vanificati tutti gli interventi,anche i più costosi ,effettuati in Ospedali qualificati . Ciò naturalmente realizzerebbe un inaccettabile spreco di risorse.
Se alle considerazioni sociali aggiungiamo quelle derivanti dal contesto familiare ,cioè l’impatto sulla famiglia generato dalla comparsa di patologie acute e (soprattutto) croniche o che seriamente pregiudicano l’autosufficienza, si capisce che le variabili in gioco nell’organizzazione sanitaria moltiplicano le difficoltà e non lasciano ( o non dovrebbero lasciare ) spazi ad interventi estemporanei generati da interventi di parte e che un controllo sociale sulle scelte dell’organizzazione sanitaria è quanto meno auspicabile. D’altro canto i sempre più frequenti interventi di organismi come il “Tribunale del malato “ e di “ Cittadinanza attiva “ non sono e non vogliono essere solo l’occasionale risposta alla mancata soluzione di problemi assistenziali ( eventualmente legati ad una mancata integrazione intra o interospedaliera ) o di disfunzioni ( anche gravi ) all’interno di Reparti clinici , ma rappresentano di fatto una realtà a cui fare riferimento per orientare in senso positivo gli aggiustamenti e gli interventi sulla “ macchina Sanità “ .