martedì 31 agosto 2010

Tragedia sui binari, donna rimane uccisa dal treno su cui viaggiava

TREBISACCE - Si chiamava Dorina Bortofleac, la donna di nazionalità rumena, classe 1961, che stamani per un tragico incidente ha perso la vita sui binari della stazione di Trebisacce, travolta da un treno dal quale stava tentando di scendere. Nel mentre, infatti, la donna stava adagiando i propri bagagli sul marciapiedi il treno è ripartito e portata con sé per qualche metro. Dorina era partita dalla Romania con il suo carico di bagagli, qualche borsa di stoffa, delle buste e nulla più. Là dentro poche cose ma anche tanti sogni per cercare nella sibaritide un futuro diverso. Sogni interrotti su quei binari, travolta da quel treno che aveva preso la sera prima da Torino. In mezzo l’ordinario abbandono di questo lembo di Calabria, infatti, ad accanirsi contro la donna anche i mezzi di soccorso che sono arrivati in grave ritardo ed una sorta di superficialità del personale addetto al controllo del treno. Ma andiamo con ordine. Come si diceva Dorina viaggiava a bordo dell’Espresso 901 proveniente da Torino e diretto a Catanzaro Lido. Il convoglio alle 11 in punto si ferma a Trebisacce. La donna rumena deveva scendere proprio nella città Jonica. Il treno si ferma sul primo binario, i marciapiedi per la discesa sono su entrambi i lati. Lei decide di scendere sulla parte che dà sul secondo binario, usualmente, invece, la discesa viene effettuata dal lato opposto, lungo il marciapiedi che conduce all’uscita. Non si sa come e perché, la donna fa in tempo a scendere e sistemare sul marciapiede un solo bagaglio, probabilmente nel mentre si apprestava a prendere le altre buste dal treno in sosta, lo stesso, senza che il capotreno abbia prima controllato, riparte con la porta aperta. La donna forse è rimasta sul dentro o fuori. Il treno in marcia, lei secondo le prime ricostruzioni, rimane impigliata nel portellone, che forse si sarebbe chiuso automaticamente, e la trascina con i suoi bagagli per una decina di metri, senza che nessuno se ne accorga. Appena il convoglio è passato, di lei si accorgono dei clienti di un bar vicino. La vedono riversa sul lato sinistro prima delle assi dei binari, sul terriccio. E’ ancora viva, si nota solo una vasta ferita alla gamba ma respirava ancora. I presenti ed il personale del vicino Istituto professionale, di fronte praticamente alla stazione, per ben tre volte allertano il 118 ma nessuna risposta, arrivano solo i Carabinieri che non possono fare altro che osservare la donna che lentamente sta morendo. Visto che i soccorsi non arrivano, allora uno dei due Carabinieri della pattuglia giunta sul luogo, fa retromarcia e va all’ospedale di Trebisacce per i soccorsi. Minuti interminabili, attimi struggenti che portano ad interrogarsi sul perché siamo costretti a vivere in un simile posto abbandonato da tutti. La gente che è lì chiama la povera donna che ancora, lo ripetiamo, era viva, per cercare di rincuorarla ma nulla da fare. I suoi occhi, particolare agghiacciante, si sbarrano improvvisamente. Sguardo fisso nel vuoto. Il tutto una manciata di secondi prima che arrivino sul posto due medici in servizio presso l’Ospedale di Trebisacce. I due sanitari, che comunque avrebbero potuto fare ben poca cosa visto che a Trebisacce manca un blocco operatorio e di emergenza grave, constatano la morte della povera rumena e scoprono che aveva anche una profonda ferita all’altezza del braccio e dell’addome. Passano altri dieci minuti ed arriva finalmente l’autoambulanza, si tratta del 118 di Cassano allo Ionio, postazione distante ben 30 chilometri da Trebisacce. Arriva anche l’elisoccorso di Cosenza. Tutto ben oltre trenta minuti dopo l’arrivo dei Carabinieri sul posto. Troppo, la donna perde la vita su quei binari. Non si sa se poteva essere salvata, l’unica sosa certa è che l’ospedale di Trebisacce non aveva a disposizione al momento un’autoambulanza. Ed allora si può attendere oltre trenta minuti da un incidente grave prima che giungano i soccorsi? La salma è stata trasportata presso l’obitorio di Cassano allo Ionio. La Procura di Castrovillari ha aperto intanto un’inchiesta, le indagini sono affidate alla Polfer di Sibari ed ai Carabinieri di Trebisacce.
Pasquale Golia (diritto di cronaca)

domenica 29 agosto 2010

venerdì 27 agosto 2010

I FATTI DANNO RAGIONE ALLE ASSOCIAZIONI.

PARTO “PILOTATO” TELEFONICAMENTE AL PRONTO SOCCORSO DELL’OSPEDALE DI TREBISACCE.

Questa volta tutto è finito bene ma se fosse stato un parto un po’complicato chissà… Certamente i vari Commissari avrebbero parlato di malasanità e non di malapolitica sanitaria.
N.N. questa mattina all’alba si è presentata al P.S. dell’ospedale di Trebisacce in stato di parto avanzato e al medico di guardia non è rimasto altro che espletare il parto aiutato telefonicamente da una ostetrica di Corigliano, proprio come si usa fare nelle missioni o sulle navi! Non è la prima volta che succede e nell’arco degli ultimi mesi si sono presentati altri casi simili fra cui quello tristemente emblematico riportato sulle croniche nazionali.
Per questo motivo le associazioni di volontariato e i genitori della neonata di Amendolara deceduta a Rossano non ci stanno a sopportare la “disonestà intellettuale” di coloro che vogliono far passare l’assistenza dell’ospedale di Trebisacce per malasanità.
A commento visivo dell’intervista al presidente Scopelliti su TG1 economia del 25 agosto u.s., a proposito di malasanità, è apparso più volte l’ospedale di Trebisacce che con l’argomento non aveva nessun rapporto visto che fin dalla sua nascita, risalente a 35 anni fa, non ha avuto mai casi eclatanti di malasanità. Per questo motivo le associazioni ed i genitori della neonata hanno intrapreso la via legale per dimostrare che le colpe sono fuori del presidio ospedaliero di Trebisacce, i cui sanitari fanno miracoli con i mezzi che hanno a disposizione. Tali colpe devono essere ricercate piuttosto in chi ha organizzato una deficitaria assistenza dell’emergenza-urgenza sul territorio o non ha realizzazione il reparto di neatologia a Rossano e via dicendo… Al Pronto Soccorso dell’ospedale di Trebisacce l’assistenza alla mamma della neonata è stata esemplare e la giustizia ne darà sicuramente atto.
Ci aspettiamo altri casi in futuro perché San Lorenzo Bellizzi, Alessandria del Carretto, Castroregio, Nocara, Canna ed altri paesi montani distano da Trebisacce più di 40 chilometri con collegamenti viari di montagna e fondo stradale da terzo mondo. Il tempo di percorrenza supera i 45 minuti. Gli stessi paesi distano da Rossano circa 70-80 chilometri utilizzando non solo le strade del Pollino ma anche la famosa 106… Altro che ospedale sotto casa. Altro che lotta fra campanili che peraltro non ci sono. Non è solo questione di “ospedale di confine” per ridurre le fughe o di “ospedale di montagna”, visto che il territorio per più della metà è schiettamente montano, ma di tutela dei cittadini e di garanzia dei livelli minimi di assistenza. Ed anche su questo la giustizia dirà la sua, visto che è stata attivata la Class Action con l’invio della diffida al Commissario per la Sanità della Regione ed al Commissario dell’ASP di Cosenza.
Infine, non bisogna comportarsi come se ci fosse già l’ospedale della Sibaritide quando ancora non c’è e gli ospedali di Rossano e Corigliano non garantiscono la completa assistenza sia per numero di posti letto che per specialità. L’ospedale di Trebisacce quando era completo dei suoi reparti ,attualmente sospesi, non era da meno dei suddetti ospedali e chiedeva a gran voce anche il reparto di ortopedia. Quindi ci sono tutti gli elementi per attivare la struttura come prima potenziandola con intelligenza e lungimiranza nella filosofia della rete e dei percorsi assistenziale evitando di buttare l’acqua sporca con il bambino che oltre ad essere innocente è anche la speranza della comunità.

domenica 22 agosto 2010

Donna muore dopo il parto in Calabria

E' deceduta mentre veniva trasferita nell'ospedale di Lamezia Terme.
In quello di Vibo non c'era posto


REGGIO CALABRIA - La Procura della Repubblica di Vibo Valentia ha aperto un'inchiesta sulla morte di una donna di 33 anni, Eleonora Tripodi, deceduta dopo essere stata sottoposta ad intervento di parto cesareo nella clinica Villa dei Gerani di Vibo. L'intervento ha comunque consentito di salvare la figlia della donna. Eleonora Tripodi è morta durante il trasporto in ambulanza nell'ospedale di Lamezia Terme.

NESSUN POSTO DISPONIBILE A VIBO - Il trasferimento era stato deciso dopo che era stata verificata la mancanza di posti liberi nel reparto di rianimazione dell'ospedale di Vibo Valentia. Sono stati gli stessi sanitari della clinica Villa dei Gerani ad informare dell'accaduto i carabinieri, i quali, a loro volta, hanno informato il pm di turno della Procura di Vibo Valentia, Fabrizio Garofalo, che ha disposto il sequestro della cartella clinica. Il magistrato ha anche deciso di fare sottoporre ad autopsia il corpo di Eleonora Tripodi e domenica conferirà l'incarico al medico legale. I medici che hanno avuto in cura la donna sono indagati per omicidio colposo: l'avviso di garanzia, comunque, è un atto dovuto in questi casi per consentire agli stessi indagati di nominare i loro periti durante le fasi dell'autopsia. La famiglia della donna ha nominato come legale l'avvocato Giovanni Vecchio, secondo il quale Eleonora Tripodi «stava male da tempo ed aveva chiesto di essere sottoposta subito a parto cesareo. Richiesta - ha aggiunto Vecchio - non accolta dai sanitari della clinica Villa dei Gerani, che avevano sostenuto che era troppo presto». I medici di Villa dei Gerani hanno sottolineato la «gravità delle condizioni di Eleonora Tripodi», dicendo di «avere fatto di tutto per salvare la donna» e parlando di «caso rarissimo provocato dalla fuoriuscita della placenta dall'utero, con conseguente infiltrazione degli organi vicini».

IL MEDICO: «FATTO TUTTO IL POSSIBILE» - «Abbiamo fatto tutto il possibile per salvare la vita di Eleonora Tripodi e la sua morte non è dipesa da nostre negligenze» ha detto il ginecologo Domenico Princi, uno dei medici che hanno assistito la donna. «La signora - ha aggiunto Princi - aveva già avuto due cesarei. Il terzo rappresentava, dunque, un intervento a rischio che comunque eravamo in grado di affrontare. Il problema è sorto perché la placenta si è impiantata in parte fuori dall'utero. Questo ha provocato una immediata e imponente emorragia che ha messo a rischio gravissimo la vita della madre e del feto. Siamo intervenuti tempestivamente per bloccare l'emorragia alla madre con l'isterectomia chiudendo le fonti emorragiche provocate dalla placenta che aveva infiltrato gli organi vicini, fra cui anche la vescica. Una volta provveduto a bloccare l'emorragia e avere effettuato varie trasfusioni, perché la donna aveva perduto molto sangue, ne abbiamo disposto il trasferimento nel reparto di rianimazione più vicino». «Ci siamo prodigati - ha detto ancora Princi - per salvare la bambina e ci siamo riusciti. Per la madre la situazione, a causa dell'imponente emorragia, si presentava molto critica, ma abbiamo fatto di tutto per salvarla. Tra l'altro, quando ne abbiamo disposto il trasferimento in ospedale, i parametri vitali erano normali ed avevamo quindi la speranza concreta che in un centro attrezzato si potesse salvare la vita della signora. Se questo poi non è avvenuto non dipende da noi». Princi ha anche detto che «ai familiari della donna è stato spiegato che prima di venerdì il parto cesareo non poteva essere fatto perché, in caso contrario, ci sarebbero stati problemi per il nascituro».

LEOLUCA ORLANDO: «FARE CHIAREZZA» - «Un altro caso di presunta malasanità - ha commentato il Presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sugli errori sanitari, Leoluca Orlandoche -. Come Commissione d'inchiesta sugli errori sanitari, chiederemo al Presidente della Regione Calabria con deleghe alla sanità, Giuseppe Scopelliti, una relazione dettagliata sulle circostanze che hanno portato al decesso con ogni informazione utile al fine di individuare eventuali responsabilità personali e disfunzioni organizzative o strutturali. È scandaloso che in Italia si continui a morire nel momento in cui si mette al mondo un figlio».

giovedì 19 agosto 2010

DIFFIDA

DIFFIDA

(ai sensi dell’art. 3 D. Lgs. n. 198/2009)


Spett.le Presidente della Regione Calabria
Spett.le Commissario per la Sanità della Regione Calabria
Via Sensales n. 20, Palazzo Alemanni
88100 Catanzaro

Spett.le Direzione Generale
Azienda Sanitaria Provinciale Cosenza
In persona del legale rappresentante pro tempore
Via degli Alimena n. 8
87100 Cosenza
I sottoscritti
Omissis....,
nonché le seguenti associazioni:
CONFRATERNITA DI MISERICORDIA, costituita il 02.11.1999 C.F. 94004860782, con sede in Trebisacce, piazza Carlo Levi, 5 rappresentata dal Sig. Vincenzo Liguori;
AMICI DEL CUORE, costituita il 21.12.2009, C.F.SRCCNTN40ML76110Y, con sede in Amendolara, via Lagaria, rappresentata dal Sig. Antonio Saracino;
SALUS SUPREMA LEX, C.F. 91002100781, con sede in Trebisacce, rappresentata dal Sig. Antonio Catera
CIMO-Asmd, con sede in Via Leonida Repaci Edil Class D, Rende, rappresentata dal Dott. Giorgio Ferrara;
ETA’ SERENA, costituita il 18.03.1997, C.F. 94004250786, con sede in Trebisacce, via Torricelli, rappresentata dalla Sig.ra Francesca Bice Calvosa;
FRATRES, gruppo Alto Jonio, con sede in Amendolara, via Lagaria, in persona del legale rappresentante pro tempore;
LE NOVE LUNE, costituita il 14.11.2007 C.F. 9401552078, con sede in Trebisacce, via Torricelli, 10, rappresentata dalla Sig.ra Annafranca Bilotto.
FIDAPA, costituita il 21/04/ 1995 C.F. 91001930782, con sede in Trebisacce, via Amedeo Maiuri rappresentata dalla Sig.ra Candida Cisterna;
ASSOCIAZIONE VOLONTARI PROTEZIONE CIVILE, costituita il 5.12.2002, C.F. 94008760780, rappresentata dal Sig. Nilo Rossi,
PRO LOCO TREBISACCE, costituita il 29/10/1974 C.F. 91000440783, con sede in Trebisacce, via Torricelli, rappresentata dal Sig. Marco Verri;
PRO LOCO MONTEGIORDANO, C.F. 91001820785, con sede in Montegiordano, rappresentata dalla Sig.a Ilaria Matteo Maria;
UNITRE’, costituita il 18.06.1997, C.F. 94005650786, con sede in Trebisacce, via Torricelli, 10, rappresentata dal Sig. Pietro Aino;
APS VACANZIERI INSIEME, costituita il 10.01.2009 C.F. 94017250781, rappresentata dal Sig. Vincenzo Arvia;
USALT, costituita il 21.09.1979, C.F. 91000390780, con sede in Trebisacce, via A. Manzoni, rappresentata dal Sig. Giuseppe Lombardo;
AOPCA ASS. ONLUS museo arte olearia Ludovico Noia, costituita il 24.03.2005, C.F. 02700890789, rappresentata dal Sig. Francesco Noia;
GIOCANDO SI CRESCE, costituita il 21.06.2001, C.F. 02432820781, rappresentata dal Sig. Mariano Catera;
AS ARSENAL TREBISACCE, costituita nel 1999 C.F. 94013940781, rappresentata dalla Sig.ra Elirosa Gatto;
COMBATTENTI E REDUCI, con sede in Trebisacce, via Torricelli 10, rappresentata dal sig. Michele Lofrano;
LIPAMBIENTE, con sede in Montegiordano, via Papa Giovanni XXIII, rappresentata dal Sig. Antonio Roma;
SCOUT TREBISACCE 2, costituita il 1971, rappresentata dalla Sig.na Domenica Corigliano;
ATENA SERVIZI, con sede in Trebisacce, via Alessandro Manzoni, 1, rappresentata dalla Sig. De Marco Morena;
PASSAGGI, costituita il 27.04.2010, C.F 94019450785, con sede in Trebisacce, via Torricelli, 10, rappresentata dalla Prof. Caterina De Nardi.
Ai fini del presente atto i suindicati soggetti sono domiciliati presso Carmela Maradei, viale Europa 62 – 87075 Trebisacce (Cosenza) tel: 349 7139875- camaradei@tiscali.it
1. La legittimazione ad agire
Le Associazioni scriventi sono promotori di interessi giuridicamente rilevanti e omogenei per una pluralità di utenti ai sensi dell’art. 1 commi 1 e 4 D. Lgs. n. 198/2009 e specificamente dell’interesse, facente capo ad una pluralità di utenti, alla corretta erogazione del servizio sanitario ospedaliero.
I cittadini firmatari sono parimenti titolari del predetto interesse, giuridicamente rilevante ed omogeneo per una pluralità di utenti.
Tale insieme di utenti è costituito dai cittadini residenti nel Distretto sanitario di Trebisacce (uno dei 13 dell’Azienda Provinciale Cosentina, deputata all’assistenza sanitaria dei cittadini della circoscrizione provinciale di Cosenza).
Nella suddetta area, l’assistenza sanitaria e, in particolare, quella ospedaliera è affetta da gravi deficienze, addebitabili ad una non corretta gestione che ha causato il fenomeno dell’emigrazione sanitaria verso i vicini distretti sanitari della Regione Basilicata e della Puglia, o anche verso altre mete, con un costo in termini di compensazioni negative verso le Regioni di destinazione, il cui ammontare nel 2008 è pari a Euro 9.500.000,00.
2. L’oggetto dell’azione
La non corretta gestione dell’assistenza ospedaliera all’interno del Distretto sanitario di Trebisacce è stata ed è tuttora causa dell’inadempienza da parte degli enti competenti, degli obblighi previsti in tema di livelli essenziali di assistenza, da garantirsi uniformemente sull’intero territorio nazionale.
Le gravi carenze conseguenti alla non corretta gestione dell’Ospedale di Trebisacce sono state reiteratamente segnalate non solo dagli operatori e dagli utenti interessati in modo diretto, ma anche dagli organi di vigilanza.
Invero, i Carabinieri del N.A.S. hanno eseguito accertamenti in una prima occasione in data 8/1/2007, riscontrando l’irregolarità degli impianti elettrici e dei dispositivi per la sicurezza sul lavoro e gravi carenze nella manutenzione strutturale; successivamente, il suddetto organo di vigilanza, in data 11/7/2009, tornava a verificare se fosse intervenuta la messa a norma della struttura ospedaliera e tuttavia, accertava, la sussistenza di gravi e rilevanti criticità.
A seguito dei rilievi effettuati, il Direttore Generale della ASP di Cosenza, con deliberazione n. 2733 del 14/7/2009, anziché prescrivere l’immediata messa a norma della struttura ospedaliera, ha ordinato la sospensione dell’attività dei reparti di Chirurgia e di Ostetricia e Ginecologia, senza far seguire un tempestivo adempimento alle prescrizioni dell’organo di vigilanza.
Con riferimento ai suddetti fatti, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Castrovillari ha attivato un procedimento penale a carico dei sig.ri Petramala Franco, Scalzo Antonio e Carino Pierluigi, nelle rispettive qualità di Direttore Generale pro tempore dell’ASP Cosenza, Direttore Sanitario p.t. dell’ASP Cosenza e Direttore Sanitario p.t. del presidio ospedaliero G. Chidichimo di Trebisacce per i reati di cui agli artt. 110 e 437 c.p., “perché in concorso tra loro omettevano di collocare nel complesso operatorio, nei reparti di degenza, di Pronto Soccorso e nei Servizi del Presidio Ospedaliero “G. Chidichimo” idonei impianti ed apparecchiature destinate a prevenire disastri o infortuni”, per i reati di cui agli artt. 81 cpv., 110 c.p., 64 comma 1 lett. a) e d), 71 commi 1 e 4 lett. a), 273 comma 1 lett. a) e 163 comma 1 D.lgs n. 81/2008 “perché in esecuzione del medesimo disegno criminoso ed in concorso tra loro, omettevano di provvedere alla messa in sicurezza dei luoghi di lavoro del citato Presidio Ospedaliero in Trebisacce il 4/8/2009 con condotta perdurante”.
La citata deliberazione n. 2733 del 14/7/2009 con cui il Direttore Generale della A.S.P. ha sospeso – nei fatti soppresso – le attività connesse con il blocco operatorio anziché ordinare la messa in sicurezza della struttura, ha rappresentato solo il primo di una serie di iniziative dirette a compromettere l’operatività del Presidio Ospedaliero di Trebisacce, giacché ad esso seguiva il trasferimento di una notevole quantità di risorse umane e materiali in parte verso il Presidio Ospedaliero di Corigliano, in parte verso il Presidio Ospedaliero di Rossano.
Contestualmente alla chiusura dei reparti di Chirurgia, Ostetricia e Ginecologia e al depotenziamento di altri reparti quali quelli di Radiologia e di Terapia Intensiva Cardiologica, il numero dei posti letto attivi, dal 2008 al luglio 2009 decresceva da 81 a 41, compromettendo gravemente la fruizione dei livelli di assistenza ospedaliera della popolazione.
Infatti, attualmente l’offerta di assistenza ospedaliera nel distretto sanitario di Trebisacce risulta essere al di sotto degli standards fissati dal “Patto per la Salute” 2010/2012, che stabilisce, quale indicatore di efficienza del servizio “assistenza ospedaliera” un rapporto di 4 posti letto per 1000 abitanti. L’area territoriale - corrispondente alla ex ASL di Rossano - comprende 4 distretti sanitari tra cui quello di Trebisacce e ospita una popolazione di 176.097 residenti. In particolare, il distretto sanitario di Trebisacce è composto da 17 comuni in prevalenza montani e distanti oltre 50 Km dall’Ospedale stesso (ancora più distanti dagli Ospedali di Corigliano e Rossano); all’interno di tale area e in rapporto ad una popolazione di 176.097 residenti, sulla base del parametro contenuto nel Patto per la salute 2010/2012, il numero dei posti letto è pari a 727. Secondo i dati disponibili i posti letto attualmente risultano i seguenti: 154 posti letto nominali ed effettivi presso il P.O. di Corigliano; 153 posti letto nominali e 143 effettivi presso il P.O. di Rossano; 76 posti letto nominali e soli 28 effettivi presso il P.O. di Cariati; 77 posti nominali presso il P.O. di Trebisacce e soli 41 effettivi a seguito delle sospensioni dell’attività imposte dalla direzione aziendale, rivelatesi di fatto delle sostanziali soppressioni. Come già ricordato, sulla base del parametro contenuto nel Patto per la salute 2010/2012, il numero dei posti letto su una popolazione di 176.097, è pari a 727, di cui 586 posti per acuti e 141 per riabilitazione e lungodegenza. Anche considerando che dalla cifra di 586 posti letto per acuti debba sottrarsi una quota di 80 posti letto da destinarsi all’implementazione delle Aziende Ospedaliere per l’Alta specialità, i posti letto per acuti da garantire per l’intera area sono 506. Poiché 350 posti letto dovrebbero essere garantiti, in base ad un accordo di programma tra Stato e Regione Calabria, mediante la realizzazione di un nuovo ospedale in sostituzione di quelli di Corigliano e Rossano, nell’area dell’ex ASL £ di Rossano devono essere garantiti ulteriori 156 posti letto.
Secondo quanto prevedeva il Piano Sanitario Regionale 2007/2009, approvato soltanto dalla Giunta regionale della Calabria, ma non anche dal Consiglio Regionale, dovendosi provvedere alla formulazione del Piano di Rientro, almeno 30 posti letto per acuti avrebbero dovuto essere mantenuti presso l’Ospedale di Cariati, riconvertito in presidio di riabilitazione e lungodegenza, con la conseguenza che i rimanenti 126 posti letto occorrenti per soddisfare lo standard indicato avrebbero dovuto essere istituiti presso il Presidio Ospedaliero di Trebisacce.
Il riconoscimento del numero di posti letto prima indicati e la loro reale attivazione è necessario per garantire i livelli essenziali di assistenza secondo il citato Patto per la salute. Ciò, peraltro, dovrà consentire il riequilibrio di offerta che in altre zone (costa Alto Tirreno, Cosenza) risulta fortemente in eccesso rispetto alla zona dell’Alto Ionio e dei parametri dello stesso Patto per la salute.
Pertanto, il Presidio Ospedaliero di Trebisacce è innegabilmente una struttura sanitaria da riqualificare e valorizzare, come aveva correttamente previsto anche il Piano Sanitario Regionale 2007/2009: tale Piano, peraltro, nel definirlo “Presidio di Frontiera”, ne profilava la riqualificazione, sia al fine di garantire i livelli minimi di assistenza alla zona di riferimento (17 comuni, 60.000 abitanti), sia al fine di arginare le fughe verso altre regioni, e, quindi, di abbattere in tal modo una delle voci più rilevanti del deficit del bilancio, rappresentata dalle compensazioni negative verso altre regioni.

3. Le ragioni dell’azione
- L’art. 1 della legge n. 833/1978 definisce il Servizio Sanitario Nazionale come “il complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio”.
L’uniformità dell’accesso ad un diritto fondamentale, qual è il diritto alla salute, sancito dall’art. 32 Cost., è ribadita dall’art. 2 delle legge citata, che indica come il primo tra gli obiettivi ai quali è finalizzata l’istituzione del SSN “il superamento degli squilibri territoriali nelle condizioni socio-sanitarie del paese”, ed ulteriormente enfatizzata dal successivo art. 3: “la legge dello Stato, in sede di approvazione del piano sanitario nazionale, fissa i livelli delle prestazioni sanitarie, che devono essere comunque garantite a tutti i cittadini” e dall’art. 4: “con legge dello Stato sono dettate norme dirette ad assicurare condizioni e garanzie di salute uniformi su tutto il territorio nazionale”.
Successivamente il principio è stato riaffermato dall’art. 1, comma 2, del D. Lgs. n. 502/1992, secondo cui il Servizio Sanitario Nazionale deve assicurare : “i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano sanitario nazionale nel rispetto dei principi della dignità della persona umana, del bisogno di salute, dell’equità nell’accesso all’assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, nonché dell’economicità nell’impiego delle risorse”.
Con il DPR 24 dicembre 1992, in attuazione delle citate previsioni di legge, sono stati definiti nei loro contenuti concreti i livelli uniformi di assistenza e per ciascuno di essi è stato fissato una serie di indicatori di verifica. Per quanto concerne il livello “assistenza ospedaliera” sono stati individuati quali indicatori di verifica: 1) il rapporto tra posti letto e popolazione, aggregato e distinto per discipline; 2) il tasso di utilizzazione medio per aree funzionali omogenee; 3) il numero di ricoveri per mille abitanti.
Successive elaborazioni normative hanno precisato ulteriormente i contenuti e le finalità dei livelli uniformi di assistenza sanitaria, arricchendo gli indicatori di verifica e introducendo parametri finalizzati al monitoraggio del rispetto dei LEA e altresì dei vincoli di bilancio.
Attualmente il “Patto per la salute” 2010/2012, sottoscritto dal Governo, dalle Regioni e dalle Province Autonome di Trento e Bolzano, in data 3 dicembre 2009, individua, ai fini di un’autovalutazione regionale e dell’avvio di un sistema di monitoraggio dello stato dei propri servizi sanitari regionali, gli indicatori di efficienza e appropriatezza allocativa delle risorse. Tra tali indicatori di efficienza l’art. 2, comma 2 lett. c) dell’Intesa, conferma: “standard dei posti letto ospedalieri, come definito dalla vigente legislazione e dalla presente intesa”. L’art. 6 dell’Intesa, pur tagliando ben 9800 posti letto e cioè riducendo da 4,5 a 4 per mille abitanti il numero dei posti letto - al fine di promuovere il passaggio dal ricovero ordinario al ricovero diurno e dal ricovero diurno all’assistenza in regime ambulatoriale - fissa uno standard di 4 posti letto per mille abitanti . Tale standard deve essere garantito anche ai cittadini residenti in Calabria, nel distretto sanitario di Trebisacce.
La Regione Calabria è tra le regioni sottoposte al Piano di Rientro: in virtù di quanto previsto dall’art. 1, commi 174, 176 e 180 della legge n. 311/2004. A fronte di una situazione di disavanzo nella gestione del servizio sanitario regionale, la Regione Calabria ha dovuto provvedere a elaborare, d’intesa con il Ministro della Salute e con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, tale programma operativo ai fini del perseguimento dell’equilibrio economico.
L’approvazione di detto strumento, avvenuta con la deliberazione della Giunta regionale della Calabria n. 845/2009, non esime la medesima Regione Calabria dal rispetto degli standards fissati a livello nazionale, come, peraltro, precisato, ove ve ne fosse stato bisogno, dall’art. 1, comma 180, della legge n. 311/2004, secondo cui: “La regione interessata, nelle ipotesi indicate ai commi 174 e 176, nonché in caso di mancato adempimento per gli anni 2004 e precedenti anche avvalendosi del supporto tecnico dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, procede ad una ricognizione delle cause ed elabora un programma operativo di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento del Servizio sanitario regionale, di durata non superiore al triennio. I Ministri della salute e dell'economia e delle finanze e la singola regione stipulano apposito accordo che individui gli interventi necessari per il perseguimento dell'equilibrio economico, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza e degli adempimenti di cui alla intesa prevista dal comma 173. La sottoscrizione dell'accordo è condizione necessaria per la riattribuzione alla regione interessata del maggiore finanziamento anche in maniera parziale e graduale, subordinatamente alla verifica della effettiva attuazione del programma.
La cogenza del Patto per la salute 2010/2012 per la Regione Calabria è confermata da quanto previsto, di recente, dal D.L. n. 78/ 2010, convertito nella Legge n° 122/2010 recante “misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e competitività economica”. Tale norma dispone all’art. 11, comma 1, che le regioni sottoposte ai piani di rientro “possono chiedere la prosecuzione del Piano di Rientro, per una durata non superiore al triennio, ai fini del completamento dello stesso secondo programmi operativi nei termini indicati nel Patto per la salute per gli anni 2010/2012 del 3 dicembre 2009[…].
Pertanto, la garanzia dei livelli essenziali di assistenza deve rappresentare l’obiettivo strategico del Piano di Rientro, da perseguire anche attraverso il riordino delle rete ospedaliera.
Tuttavia, il Piano di Rientro della Regione Calabria esprime indirizzi in contraddizione tra loro: al punto 6 relativo all’ “assistenza ospedaliera”, nel paragrafo 2 “linee di indirizzo” si legge: “La rete ospedaliera della Calabria presenta, come descritto sopra, numerose criticità sia sul versante della domanda che dell’offerta. La cornice di riferimento che il Piano di Rientro intende darsi su base regionale è rappresentata dal valore di 3 posti letto per 1.000 abitanti per acuti e 0,8 per riabilitazione e lungodegenza (attualmente 3,9 per acuti e 0,5 per riabilitazione e lungodegenza), riducendo di 0,9 punti i tassi per acuti e aumentando al contempo la riabilitazione e lungodegenza di 0,3” […] “Sono state identificate circa 20 strutture di piccole dimensioni, particolarmente inappropriate e non sicure, da disattivare da ospedali per acuti e da trasformare: in particolare 599 posti letto verranno riconvertiti in riabilitazione e lungodegenza; 723 in posti letto di strutture di lungo assistenza (che sono strutture residenziali complesse); 538 in Case della Salute e Punti Territoriali. I posti letto disattivati da acuti e riconvertiti sono distribuiti equamente in tutte le ASP. Ancora, al punto 6.3. “Obiettivi operativi”: “Un programma più compiuto del riassetto della rete potrà essere predisposto solo a seguito di un approfondimento dell’analisi della domanda e dell’offerta nonché a seguito della definizione del ruolo dei singoli presidi pubblici e privati in relazione al contesto aziendale e regionale entro 90 giorni”. Nel suddetto Piano di rientro si afferma: “Appare in ogni caso urgente prevedere un intervento riguardante i piccoli presidi ospedalieri di cui occorre in alcuni casi prevedere la chiusura o l’eventuale riconversione in strutture residenziali o riabilitative ovvero in case della salute; in altri casi prevedere la dismissione delle branche chirurgiche e dei punti nascita con bassa attività, eventualmente sviluppando attività di chirurgia ambulatoriale nei presidi trasformati in case delle salute o comunque in altri presidi territoriali […]”.
Peraltro, le dimensioni attuali del Presidio Ospedaliero di Trebisacce, che costituirebbero ragione fattuale della chiusura o riconversione dell’ospedale medesimo non erano né originarie né fisiologiche, ma al contrario conseguenti alle modalità di gestione del servizio facente capo al presidio in parola, come confermato, tra l’altro, dall’instaurazione del procedimento penale nei confronti dei vertici dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza.
4: La disciplina della class action contro la pubblica amministrazione e la sua applicabilità al caso concreto.
L’art. 1 comma 1 del D. Lgs. n.198/2009 prevede che “al fine di ripristinare il corretto svolgimento della funzione o la corretta erogazione di un servizio, i titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori possono agire in giudizio, con le modalità stabilite nel presente decreto, nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei concessionari dei servizi pubblici, se derivi una lesione diretta, concreta e attuale dei propri interessi, dalla violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato da una legge o da un regolamento, dalla violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi ovvero dalla violazione di standard qualitativi ed economici stabiliti, per i concessionari di servizi pubblici, dalle autorità preposte alla regolazione e al controllo del settore, e per le pubbliche amministrazioni, definiti dalle stesse in conformità alle disposizioni in materia di performance contenute nel decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, coerentemente con le linee guida definite dalla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 13 del medesimo decreto e secondo le scadenze temporali definite dal decreto legislativo 27 ottobre 2009 n. 150”.
- L’art. 7, comma 2, del citato Decreto legislativo prevede che “In ragione della necessità di definire in via preventiva gli obblighi contenuti nelle carte di servizi e gli standard qualitativi ed economici di cui all'articolo 1, comma 1, e di valutare l'impatto finanziario e amministrativo degli stessi nei rispettivi settori, la concreta applicazione del presente decreto alle regioni ed agli enti locali e' determinata, anche progressivamente, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, su conforme parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281”. Tuttavia, la delibera n. 1/2010 della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche, ai fini di rendere più rapido l’iter verso la completa azionabilità di tutti i tipi di ricorsi previsti dall’art. 1 del D. Lgs n.198/2009, ha stabilito che nelle more della definizione degli stardards deve farsi riferimento “alle carte di servizi esistenti e agli eventuali ulteriori provvedimenti in materia adottati da singole amministrazioni”.
La prescrizione contenuta nella delibera n. 1/2010 della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche è stata confermata dalla recentissima delibera n.88/2010 del medesimo organismo, che nel dettare le “linee guida per la definizione degli standards di qualità” (ai fini dell’art. 1, comma 1, del D. Lgs. n. 198/2009), al punto 2.4. prevede espressamente: “Resta fermo che, come già indicato nella deliberazione n. 1/2010 di questa Commissione, nelle more della definizione degli standards o nel caso della loro mancata adozione tempestiva, trovano applicazione i tempi di conclusione dei procedimenti stabiliti da leggi o regolamenti e gli obblighi e standard contenuti in Carte di servizi o provvedimenti analoghi.”
Nel caso in esame, come illustrato in precedenza, il rapporto tra posti letto e popolazione, indicatore di efficienza dello specifico livello essenziale di assistenza, rappresentato dall’assistenza ospedaliera, è stato di recente definito dal Patto per la Salute 2010/2012.
L’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza ormai dal luglio 2008 eroga non correttamente il servizio di assistenza ospedaliera in violazione del rapporto fissato dal Patto per la salute.
Da tale violazione discende la lesione diretta concreta e attuale dell’interesse dei cittadini residenti nel distretto sanitario di Trebisacce alla corretta erogazione del servizio dell’assistenza ospedaliera, e in ultima analisi del diritto alla salute dei medesimi.
Emblematico al riguardo l’episodio verificatosi il 13 luglio 2010, riportato da tutti gli organi di informazione locali e nazionali, che ha riguardato il decesso di una bambina, nata con parto cesareo all’Ospedale di Rossano, a seguito di distacco della placenta, nonostante che la madre fosse subito transitata dal pronto soccorso dell’Ospedale di Trebisacce, non potendo, tuttavia, ricevere l’assistenza necessaria, in conseguenza della sospensione dell’attività del reparto di ostetricia e ginecologia, per le ragioni anzidette.
5. Le richieste.
Le associazioni e i cittadini scriventi diffidano il Presidente e il Commissario Straordinario per la Sanità della Regione Calabria, nonchè la Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alle rispettive competenze, ad adottare entro 90 giorni dalla notificazione della presente diffida gli atti e gli interventi idonei a ripristinare la corretta erogazione del servizio della assistenza ospedaliera ai cittadini residenti nel distretto sanitario di Trebisacce, mediante la corretta utilizzazione di tale Presidio Ospedaliero, nel rispetto dei richiamati standards fissati dal “Patto per la Salute” 2010/2012, ripristinando, in particolare, la piena funzionalità di tutte le specialità (chirurgia, ostetricia-ginecologia, blocco operatorio) e dei relativi servizi preesistenti alla ispezione dei NAS, con avviso che, decorso il termine predetto si procederà all’attivazione di una class action, ai sensi dell’art. 1 del D. Lgs. n. 198/2009.

I cittadini:


(Omissis....




Le Associazioni:

Confraternita di Misericordia

Amici del Cuore

Salus suprema lex

CIMO- Asmd

Età Serena

Fratres gruppo Alto Jonio

Le nove lune

FIDAPA

Associazione volontari protezione civile

Pro loco Trebisacce

Pro loco Montegiordano

Unitre



Aps Vacanzieri insieme

Usalt

AOPC Ass. Onlus

Giocando insieme

AS Arsenal Trebisacce

Combattenti e Reduci

Lipambienti

Scout Trebisacce 2

Atena servizi

Passaggi
Pubblicato da Franco

mercoledì 18 agosto 2010

Class Action

lunedì 16 agosto 2010

Corigliano. Donna perde il feto

Il caso della donna di Corigliano che, ricoverata in ospedale, accusava perdite e non c'era un medico in servizio per prestargli assistenza. La donna ha poi perso il feto. «Appreso della perdita di un feto di sedici settimane verificatosi all’ospedale di Corigliano in circostanze da chiarire, Franco Maria De Rose, Commissario Straordinario dell’Asp di Cosenza ha immediatamente proceduto alla costituzione di una commissione interna composta da esperti sanitari con il compito di ricostruire i fatti e accertare eventuali responsabilità». La vicenda, secondo quanto riportato oggi su «il Quotidiano della Calabria», è avenuta appunto all’ospedale di Corigliano (Cs). La donna ed il marito, Maria Francesca Rizzuto e Francesco Ghilardi, hanno annunciato di voler effettuare una denuncia alla magistratura affinchè siano accertate eventuali responsabilita a carico di medici ed operatori sanitari.
«La gravità dell’episodio – ha dichiarato il commissario nell’esprimere solidarietà e vicinanza ai familiari per la perdita subita – ci impone di fare al più presto piena luce sulla vicenda. La commissione già a lavoro procederà a stilare un’apposita relazione tecnica, illustrativa e descrittiva dell’evento. È nostro dovere – ha concluso De Rose – fare tutto quanto è nelle nostre possibilità per consentire una lucida analisi dei fatti, fermo restando che le eventuali responsabilità penali saranno appurate nelle sedi opportune».

I FATTI
E' successo mercoledì all’ospedale “Compagna” di Corigliano; Maria Francesca chiede aiuto dal suo letto d’ospedale, ma non arriva nessuno. I dolori, per il feto che porta in grembo sono forti e così decide di alzarsi per cercare qualcuno, magari un medico, per farsi prestare le cure necessarie. Una ragazza, «probabilmente un’infermiera», dopo averla tranquillizzata, le dice di tornare a letto e che le sarebbe bastato un pò di riposo per far svanire i dolori. Ma da lì a poco la situazione precipita.
I dolori aumentano e si rompono le acque. A questo punto la donna telefona al marito e gli chiede di correre. Solo all’arrivo del consorte, intorno alle 7, ci sono gli interventi del personale medico. La donna viene visitata, il bambino risulta in vita. Le contrazioni non si fermano, si rompono le acque e la paziente viene sottoposta a intervento per l’espulsione del feto di sedici mesi che però è ancora troppo piccolo per poter sopravvivere. La denuncia che ha preparato l’avvocato della coppia mira a definire eventuali responsabilità della struttura sanitaria coriglianese e a chiarire le cause che hanno portato alle complicazioni e alla morte del feto.
Il Quotidiano della Calabria